mercoledì 11 agosto 2010

Un maledetto imbroglio: l' Afghanistan

Quasi mai nel nostro mondo le cose vanno come ci si aspetta.
La guerra sporca di Bush contro l’Iraq, nata tra tante giuste polemiche, e basata coscientemente su informazioni fraudolente, le armi di distruzione di massa mai esistite e il coinvolgimento dell’Iraq nell’attentato dell’11 settembre, si sta avviando, sia pure ancora sanguinosamente, verso una fine che garantirà, non si sa per quanto, una relativa calma in quello stato.



Invece la guerra in Afganistan, che quando è iniziata godeva di largo consenso si sta trasformando per l’America e i suoi alleati, tra i quali ci siamo pure noi, in un rebus insolubile, in un nuovo Vietnam.
Forse sarebbe utile ricordare come tutto è cominciato.
Finita la seconda guerra mondiale e ritirati gli Inglesi dall’India divenuta indipendente, l’Afganistan riacquista la sua autonomia.
A quei tempi l’Afganistan è una monarchia. Sul trono Mohammed Zahir Shah (1914 – 2007). Il paese è arretrato. ma non più di altri di quella zona dell’Asia e il re introduce gradualmente riforme per modernizzarlo. Mentre il re si trova in Italia, il 17 luglio 1973 il cugino del re e ex primo ministro, Mohammed Daoud Khan, organizza un golpe incruento e scrive la parola fine sulla monarchia in Afghanistan.
Nell’aprile del 1978 un nuovo colpo di stato porta al potere il Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan (PDPA), d'ispirazione marxista-leninista. Leader è Nur Mohammad Taraki. Taraki mise subito in atto un programma di stampo socialista, che prevedeva una grande riforma agraria e importanti innovazioni di stampo laico: tra le altre cose veniva riconosciuto il diritto di voto alle donne, si vietava l’uso del burqa afgano (l’abito che copre testa e corpo, con una retina all'altezza degli occhi) e si avviava un’importante campagna di scolarizzazione che comprendeva anche le bambine spesso escluse dall’istruzione. C’erano anche nel programma misure contro la piaga dell’usura, la proibizione dei matrimoni combinati. che rendevano le donne afgane oggetto di scambi economici e, curiosamente, l’obbligo per gli uomini di tagliarsi la barba. Anni dopo i talebani avrebbero imposto l’esatto contrario.
Le nuove riforme incontrarono l’opposizione netta delle gerarchie religiose.
Come anche noi occidentali ben sappiamo, il potere religioso non ama le riforme che possono rendere il popolo più libero e soprattutto più istruito. specialmente se l’istruzione riguarda le donne, nelle quali, parliamoci chiaro, molte religioni, lo ammettano o no, vedono una stretta parentela col diavolo. Fu organizzata una opposizione armata guidata da i mujaheddin (combattenti per la fede), contro il nuovo regime di Taraki.
Il programma di Taraki potrebbe oggi sembrare ai nostri lettori abbastanza condivisibile. In realtà si trattava di migliorare e liberalizzare  le condizioni di vita del popolo afgano soprattutto attraverso la riforma agraria e le leggi che davano alle donne i diritti fino allora negati. Ma il governo godeva dell’appoggio sia pure riluttante dell’Unione Sovietica (che avrebbe preferito un governo ancora più vicino ai suoi interessi e alle sue ideologie; Taraki si rifiutò di definire il suo stato come repubblica comunista, preferendo aggettivi come "rivoluzionario" e "nazionalista". Gli stessi rapporti con l'Urss si limitarono ad accordi di cooperazione commerciale per sostenere la modernizzazione delle infrastrutture economiche in particolar modo le miniere di minerali rari e i giacimenti di gas naturale). Ma per l’America al di là dei programmi era importante dar fastidio all’Unione Sovietica.
L’idea americana era che il nemico del mio nemico è mio amico.
Il tempo e la storia dimostrarono quanto questo assioma fosse sbagliato.
I mujaheddin furono riforniti di grandi quantità di armi, le stesse che anche oggi vengono impiegate contro le forze alleate.
Gli americani non furono i soli ad aiutare i mujaheddin. Un saudita molto facoltoso di nome Osama Bin Laden fu un importante organizzatore e finanziatore dei mujaheddin; il suo Maktab al-Khadamat (MAK) (Ufficio dei Servizi) convogliò soldi, armi, e combattenti musulmani provenienti da tutto il mondo in Afghanistan, con l'assistenza e il supporto dei governi statunitense, pakistano e saudita. Nel 1988, Bin Laden lasciò il MAK assieme ad alcuni dei suoi membri più militanti per formare Al-Qaida, allo scopo di espandere la resistenza anti-Sovietica in un movimento fondamentalista islamico.
Ricordiamo che non era mai esistito prima un gruppo fondamentalista islamico, l’Afganistan fu l’occasione e sicuramente nel reclutamento pesò il problema palestinese, il dramma del popolo palestinese, malgrado che in Medio Oriente il problema religioso era sempre stato in secondo piano.
Quello che avvenne dopo è noto a tutti. L’URSS invase l’Afganistan andando incontro al suo personale Vietnam. Ritiratesi le forze sovietiche, i vincitori si spaccarono in due fazioni: l’Alleanza del nord e i Talebani, gli studenti delle scuole coraniche. I Talebani prevalsero instaurando il loro regime oscurantista.
Grandi sono le colpe degli USA  e dell’ex URSS. I russi non si son contentati di Taraki, hanno malvisto la sua politica di relativa indipendenza, incoraggiando di fatto le congiure che son sfociate nel suo assassinio. Una volta invaso l’Afganistan hanno reagito alla resistenza con crudeltà almeno pari a quella degli insorti afgani.
Per quanto  riguarda gli Stati Uniti, l’incolpevole Obama si trova a pagare per la politica priva di qualsiasi etica dei suoi predecessori, che hanno sempre ostacolato i tentativi per  una società più giusta nelle piccole nazioni, preferendo spesso a degli uomini intenzionati a far raggiungere al loro paese una migliore e più giusta condizione sociale, impresentabili insorti che combattevano perché tutto restasse come era oppure grandi e piccoli, e spesso sanguinosi, dittatori. Lo stesso Saddam è stato per molti anni l’amico degli americani.
 Non parliamo poi della mancanza di lungimiranza evidenziata nell’armare quelli che poi sarebbero diventati loro nemici. Eppure gli esperti dovevano ben sapere che nel Medio Oriente era  aperta la piaga palestinese, che poteva sfociare come poi è sfociata nel pretesto per una guerra santa, che era poi l’ultima cosa che anche l’OLP voleva. Ma questo è un altro discorso. Tutti sappiamo che Israele dipende da sempre dagli aiuti americani, ma l’America, anche per un calcolo elettorale interno, non è mai riuscita o non ha mai voluto imporre, quando era ancora possibile, a Israele una pace giusta che, certamente, salvaguardasse il diritto di Israele di esistere come stato (e ci mancherebbe altro che dopo quello che è successo sotto il nazismo!), ma garantisse nel contempo i diritti del povero popolo palestinese. 
Oggi nel paese gli americani e  i loro alleati non intravedono possibilità di vincere la guerra e nemmeno di andarsene dignitosamente. Il governo corrotto e debole di Hamid Garzai non resisterebbe dopo il ritiro delle forze Nato come avvenne per il regime sudvietnamita di Saigon dopo il ritiro degli americani, con la differenza che il ritiro dal Vietnam avvenne davanti a forze che combattevano da decenni per l’indipendenza  e che con la loro lotta godevano di molte simpatie nel mondo e negli stessi Stati Uniti, mentre qua a subentrare sarebbero i feroci Talebani che hanno già mostrato negli anni passati il loro modo di governare. L’eco di un abbandono e di una sconfitta sarebbero  immensi, specie nel mondo arabo, rinforzando gli estremisti e penalizzando le forze moderate e ragionevoli.
Ma questa  guerra non si può vincere. In questo momento larghi strati della popolazione sono contro le forze alleate sia per la rabbia destata dai frequenti massacri dei civili in attacchi troppo generalizzati, sia soprattutto per la paura di opporsi alle forze talebane che di fatto comandano in molte zone del paese.
Ed è impossibile vincere anche per l’ambiguità dei servizi segreti pakistani da sempre infiltrati dagli estremisti islamici. I veri santuari dei Talebani, e a quanto sembra dello stesso Bin Laden, sono tutti nel Pakistan che sulla carta è da sempre un alleato degli americani.
E’ triste ammettere che, al momento, non ci sono soluzioni. Le forze Nato non possono restare in Afganistan in eterno, ci sono tante pressioni, nei paesi che forniscono gli uomini, per il costo di questa guerra, specie in vite umane. Ma non possono neanche andare via e lasciare la popolazione in balia dei fanatici Talebani. Il massacro dei dieci medici di una Ong, in Afganistan per aiutare la popolazione, avvenuto nei primi giorni di agosto, testimonia, ancora una volta, la loro ferocia.

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